L’ origine del mito delle Streghe è molta antica: basti pensare che già nella Bibbia viene narrata la storia della “Strega di Endor”, la negromante a cui si rivolge Re Saul per consultare il profeta Samuele, ormai morto. Più indietro nel tempo, tracce di arti magiche ed esoteriche si ritrovano nel codice di Hamurabi: infatti, presso gli Egizi l’opera degli stregoni è evocata non solo per sortilegi e malefici……. ma anche per la cura di malesseri fisici e dello spirito e per facilitare il percorso dei morti nell’aldilà.
Ipazia d’Alessandria fu una grandissima matematica, astronoma e filosofa greca. Vissuta fra il IV ed il V secolo, non ci sono pervenuti suoi scritti, forse a causa dell’incendio accorso alla biblioteca di Alessandria, ma saranno i filosofi dei secoli successivi a richiamare la sua figura quale simbolo di sapere e libertà di pensiero.
Non furono solo le scoperte in ambito scientifico a renderla illustre (inventò l’astrolabio; ipotizzò il moto ellittico della terra) ma soprattutto l’impegno politico che assunse e che esplicò con le opere di divulgazione della conoscenza fra il popolo (si recava nelle piazze a discutere di scienza, a spiegare i filosofi del passato, i meccanismi astonomici).
Con la salita al trono episcopale del vescovo Cirillo, Ipazia, anche a seguito del potere politico che le venne attribuito, divenne un personaggio scomodo: in questo clima di fanatismo religioso, ella viene uccisa in maniera brutale (lapidata in Chiesa, mutilata e bruciata viva) da un gruppo di monaci cristiani. Ma ciò non bastò a seppellire la sua opera: la sua figura è, ancora oggi, simbolo della libertà delle scienze e della emancipazione della donna.
Chisto è o’ cunto e Maria a’ rossa e’ port’alba, accisa dall’ignoranza d’a ggente
La storia narra di una donna chiamata “Maria la Rossa” (a causa del colore dei suoi capelli) che era innamorata di Michele, il quale abitava fuori alle mura della città. Quando aprirono Port’Alba, essi furono molto felici perché “ mo putevane vederse tutte ‘e juone e fà l’ammore.” Tuttavia, ogni volta che tentavano di oltrepassare la porta, una forza sovrannaturale gli impediva di transitare: non c’era spiegazione, doveva trattarsi di una maledizione. I giovani, dopo svariati tentativi, si arresero e Maria iniziò a non mangiare più “e facette accussì secca che cacciaje l’ossa ‘a fora, niro sotto all’uocchie, addeventaje talmente brutta ca ‘a gente credette ca fosse na strega”…e fu così che decisero di appendere la donna in una gabbia proprio sotto l’arco di Port’Alba, lasciandola morire di fame e di sete.
“‘O spirito ‘e Maria ‘a rossa però è rummasto ancora lla”, e tante persone, quando la notte è “nera nera”, senza Luna, hanno visto vagare il fantasma senza pace alla ricerca del suo innamorato.
(all’uopo, si segnala il bellissimo articolo di Francesco Pipitone per la redazione di VesuvioLive.it http://www.vesuviolive.it/…/45544-leggende-lingua-napoleta…/)